- Incontro con il padre di Andrea:
“Un'esperienza di guerra” -
a cura di Mattia Ganzerli, Edoardo Barbieri, Chiara Marchetti e Lisa Bonaretti - 3M
Giovedì 13 Febbraio è venuto a raccontarci la sua esperienza personale della guerra il padre di un nostro compagno di classe.
Inizialmente, il signor Boychuk, di nazionalità ucraina, ci ha raccontato che ha partecipato alla guerra in Afghanistan nel 1986
all’età di 18 anni; in quel periodo era infatti imposta la leva obbligatoria nell’URSS. Dopo aver preso la patente per poter guidare
camion e carri armati, Vasco Boychuk è partito in aereo dall’Ucraina per arrivare in Uzbekistan e dopo tre mesi di addestramento è
cominciato il viaggio verso la sua destinazione.
Vasco è stato in Afghanistan per 27 mesi come camionista e trasportava cibo e altre risorse:ogni giorno compiva circa 200 chilometri
passando per paesi o strade sterrate di montagna. Su ciò ha raccontato un aneddoto riguardante un suo superiore: quest’uomo diceva
che per non essere colpiti dal fuoco nemico non si doveva mai andare sotto gli 80 chilometri orari; in questo modo il proiettile non
arrivava mai in tempo per colpire il camion nell’unico punto non blindato (quello da cui l'autista vedeva).Vasco gli ha dato retta e
in questo modo si è salvato.
Un altro aneddoto raccontato è che quando con il camion passava in una città, lui e i suoi compagni erano soliti donare cibo
(caramelle, dolcetti, ecc.ecc.) ai bambini; hanno dovuto smettere quando uno dei loro camion è esploso a causa di una bomba magnetica
attaccata su una fiancata da un ragazzino. Per questo, dopo, hanno iniziato a girare con i soldati che circondavano il camion.
In Afghanistan l’organizzazione dell’esercito russo era buona, aveva cibo a volontà, l’unico grave problema era l’acqua.
Questa molte volte scarseggiava, veniva avvelenata dai nemici o non era sempre potabile; per questo motivo Vasco ha contratto
un’epatite che gli ha causato danni al fegato.
L’unico modo per mettersi in contatto con i familiari era attraverso lettere che impiegavano un mese ad arrivare, queste lettere
erano controllate dalla censura perché doveva rimanere assolutamente segreto il luogo da cui erano spedite.Gli fu anche raccomandato
di non dire niente per dieci anni di quello che era successo in quella guerra.
Al suo ritorno dall'Afghanistan, Vasco per un anno ha abusato di alcool per dimenticare le cose orribili che aveva visto.
Per fortuna è riuscito a smettere, ora sta bene, ma molti dei suoi compagni non hanno retto e sono morti a causa di alcool o
droghe pesanti.
L’incontro ci ha veramente emozionato anche perché Vasco nel raccontare la sua esperienza era a volte commosso e ci
ha confidato che era la prima volta che rievocava episodi vissuti in guerra davanti a dei ragazzi. Verso la fine dell’incontro
ci ha detto che lui non tornerebbe in guerra neanche se lo pagassero moltissimo come avviene attualmente per i soldati volontari.
Infatti i giovani che oggi si arruolano volontariamente e lo fanno solo per i soldi non capiscono che potrebbero non tornare più
a casa e rivedere i loro familiari.
Vasco è davvero una grande persona, ha avuto una vita difficile ma è sempre riuscito a superare con coraggio e determinazione
le prove più dure. Per noi ragazzi deve rappresentare un esempio.
In Europa occidentale sono passati ormai più di sessant’anni dall’ultima guerra; purtroppo però, intorno a noi in molte parti
del mondo (Europa orientale, Africa, Asia…), molte popolazioni affrontano conflitti armati per ragioni economiche, religiose e
sociali.
Nei giorni scorsi il papà di Andrea ci ha raccontato l’esperienza che ha vissuto durante la guerra in Afghanistan; arruolato
a diciotto anni nel 1986, è dovuto partire con l’esercito russo per recarsi sul fronte di guerra.
Inizialmente fu molto difficile per lui allontanarsi dalla propria famiglia, ma dovette farsene una ragione.
Quando arrivò a destinazione, a lui e a tutti i suoi compagni, furono date in consegna armi molto difficili da maneggiare
con cui essi dovevano “convivere”, perché l’arma che avevano in dotazione poteva salvar loro la vita in caso di attacco,
quindi dovevano averla sempre vicino.
Il lavoro che svolgeva il padre di Andrea era il camionista: trasportava viveri, armi e altri materiali
pericolosi dalla base alle trincee.
Ogni camion era blindato e lasciava scoperto solo un piccolo riquadro anteriormente e altri due lateralmente.
Fu per lui molto difficile riuscire ad abituarsi a quel minuscolo spazio a disposizione ma a volte la precisione di alcuni
cecchini riusciva a centrare anche quello ferendo il guidatore nonostante portasse il giubbotto antiproiettile.
I soldati dormivano all’interno di caserme protette, mentre durante il giorno combattevano nelle trincee scavate nel terreno.
Quando venivano feriti, erano trasportati dentro ospedali forniti di attrezzature per curarli; i feriti gravi venivano
rimpatriati perché non erano più in grado di svolgere il loro dovere.
Il papà di Andrea ci ha spiegato, inoltre, che veniva applicata la censura quando i soldati scrivevano lettere ai propri
familiari: i suoi superiori controllavano ciò che scrivevano. Questo avveniva soprattutto perché i soldati non potevano
rivelare la loro posizione a nessuno.
Finalmente dopo oltre due anni diguerra anche per lui arrivò il momento di rientrare. Essendo il viaggio molto lungo
sarebbero stati necessari circa 15 giorni di treno e quindi decise di usare i pochi soldi che possedeva per comprare un
biglietto aereo. La gioia che ebbe nel rivedere i suoi cari fu per lui indescrivibile. Arrivò nel suo paese a tarda notte,
tutti gli amici e i parenti uscirono dalle case per andargli incontro ed abbracciarlo, non ha mai dimenticato quelle
manifestazioni di affetto.
Purtroppo molti suoi amici pur essendo riusciti a sopravvivere alla dura guerra, al rientro a casa sono caduti nel vizio
dell’alcool e della droga che ha portato loro alla morte. Anche lui tentando di dimenticare gli orrori vissuti durante
la guerra, per circa un anno, ha bevuto alcool riuscendo poi fortunatamente a smettere. A tutti i sopravvissuti è stato
dato un riconoscimento anche economico che Vasco ha donato alla madre.
Tutti gli uomini che hanno combattuto delle guerre, a nostro parere, hanno vissuto un’esperienza molto difficile e traumatica.
Le guerre portano solo sofferenze, morti e disperazione; gli uomini e le nazioni in disaccordo tra loro dovrebbero sapere far
uso della propria intelligenza per trovare soluzioni diverse e alternative all’uso della violenza.
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